La Svanvita (Pariati), Milano, Malatesta, 1707

 ATTO SECONDO
 
 SCENA PRIMA
 
 Sobborghi alla gotica. Fiume in lontano con sopra gran ponte, per il quale si passa all’esercito de’ Goti. Da una parte padiglione reale, da cui escono:
 
 SVANVITA e REGNERO nobilmente vestito
 
 SVANVITA
 Tutti già ingombra i lidi
575il dano Marte ed in Regnero addita
 al soglio il successore, il re a’ vassalli.
 REGNERO
 Questo nome, o regina,
 serve, più che al mio fasto, a la tua fama.
 SVANVITA
 E regnante ti vuol chi re ti chiama.
580Qui gli arnesi guerrieri. E armato meco
 al comando verrai. (Fa cenno a’ suoi danesi, alcuni de’ quali entrano nel padiglione)
 REGNERO
                                      Sarò felice
 con l’eccidio de’ miei?
 SVANVITA
                                           Le amiche trombe
 saran gioie a’ tuoi fidi,
 rimorso a’ tuoi nemici.
 REGNERO
585Son leggi mie del tuo favor gl’auspici. (Ritornano dal padiglione e portano la spada e l’elmo per Regnero)
 SVANVITA
 Prendi l’elmo. Difendi
 la maestà di quella fronte augusta.
 Di vendetta, di regno
 le magnanime idee questo t’inspiri
590e questo le protegga. Il tuo diritto
 tu col braccio sostieni ed io con l’armi.
 REGNERO
 E ’l sosterrò. Già parmi
 che, tua mercé, sul capo mio risplenda
 tutto il fregio real.
 SVANVITA
                                    Questa ti renda
595le grandezze natie.
 Prendila; e trionfando,
 sia preludio sicuro
 l’elmo al diadema ed a lo scettro il brando.
 REGNERO
 Il mio valor tu sei. Sperate, o Goti;
600paventate, o Norvegi. Il primo acciaro
 de la mia destra è di Svanvita un dono.
 SVANVITA
 (E di quel bel primo trionfo io sono).
 REGNERO
 Numi, che custodite (Tenendo alta ed ignuda in mano la spada)
 i regni e i regi, udite;
605vi domando un impero,
 l’altrui sangue non già, non l’altrui pianto.
 Ma se convien, se piace a voi che mi apra
 sol questo acciar le chiuse vie del trono,
 facciasi. Vi ubbidisco. Io già lo stringo,
610stromento a le conquiste; e questo un giorno,
 in atto umile a l’are vostre appeso,
 al passaggier divoto
 dirà che fu mia speme e poi mio voto.
 SVANVITA
 Lodo il pio zelo e spero
615che fia grato Regnero anche a Svanvita.
 REGNERO
 Non muor che con la vita
 l’alto dover d’un beneficio illustre.
 SVANVITA
 (Godi, cor mio). Né t’obbliar regnando
 del nome mio la rimembranza almeno.
 REGNERO
620Mai non si obblia nome ch’è scritto in seno.
 SVANVITA
 Vanne dunque a regnar. Le sue fortune
 già perdé il tuo rival. Quell’alma ingrata
 del giurato imeneo distrusse i voti.
 REGNERO
 Ma chi succede al nodo?
 SVANVITA
                                               Il re de’ Goti.
 REGNERO e SVANVITA A DUE
 
                                 mi
625   A regnar il ciel        chiama;
                                 ti
 ma la brama de l’affetto
 cerca                            tuo
             un regno nel          petto,
 ti offre                          mio
 chiede                         tuo
              un trono nel          cor.
 ti alza                           mio
 
    E mi dice l’alma amante
630che, in veder il tuo sembiante,
 il dover
                  si fece amor.
 la pietà
 
 SCENA II
 
 SIGIBERTO con seguito di goti e di frisoni
 
 SIGIBERTO
 
    Fortune guerriere,
 Regnero vi aspetta.
 Ragione, vendetta
635vi affretta al suo piè.
 
    Già in queste bandiere,
 con fiati innocenti,
 adorano i venti
 il nome d’un re.
 
640Al tuo piede, signor, che ben ravviso
 nel ciglio il grado, ubbidienti e fide,
 e de la Frisia e de la Gozia hai l’armi.
 Legge a queste è ’l dovere
 e stimolo di queste è Sigiberto.
 REGNERO
645Duce, il chiaro tue nome, il braccio invitto
 sono de la mia sorte
 il sostegno migliore.
 Vieni al mio seno e ti risponda il core. (Lo abbraccia)
 SVANVITA
 Ben si dee quel bel posto al tuo valore.
 SIGIBERTO
650Ricevi in queste insegne
 la fé de’ tuoi. T’inchina
 con esse il campo intero; e generoso
 a’ torti di Regnero offre il riparo. (I goti abbassano le insegne a’ piedi di Regnero in atto di riconoscerlo per loro re)
 REGNERO
 Più de l’offerta il vostro amor mi è caro.
 SVANVITA
655Che più si tarda? Impaziente omai
 chiede anche il campo il suo monarca. È d’uopo
 la presenza real, perché sia lieto,
 il publico desio, perché sia certa
 la fé de l’armi.
 REGNERO
                              A me, regina, e a’ miei
660questo piacer concedi.
 SVANVITA
 (Piacer ch’è pena mia). Va’ e tosto riedi.
 Seguitelo e qui meco
 poca parte rimanga. A te consegno,
 duce, l’amor de’ Goti (e la mia vita).
 REGNERO
665Non fia lungo l’indugio. Addio, Svanvita.
 
    Lontan da’ tuoi bei rai
 il cor sospirerà.
 
    E dove tu sarai,
 l’acceso mio desir
670su l’ali d’un sospir
 fedel ti seguirà.
 
 SCENA III
 
 ASMONDO e SVANVITA
 
 ASMONDO
 Svanvita, a te sen viene
 con Roderico Olao.
 SVANVITA
                                     Che mi si chiede?
 ASMONDO
 Quegli amor, questi pace. Ambi del regno
675il sicuro possesso.
 SVANVITA
 Amor? Son troppo offesa.
 Pace? Ne vuo’ vendetta.
 Il regno? È di Regnero.
 ASMONDO
 Da’ sdegni tuoi le sue grandezze io spero.
 
 SCENA IV
 
 RODERICO, OLAO, con seguito di norvegi, e li sudetti
 
 OLAO
680Regina, onde tant’ire? Ov’è de’ patti
 la ferma legge? Armata vieni e sposa
 contro la Gozia? E questi son gli affetti?...
 SVANVITA
 E morte e guerra un che mi offende aspetti.
 RODERICO
 Guerra, sì, ma con l’armi
685ch’escono da que’ rai, morte ma quella
 che tua beltà...
 SVANVITA
                              Taci. Ildegonda è bella.
 OLAO
 Perdona ad una fiamma
 che divampò per brieve tempo e lenta.
 SVANVITA
 E che il timor, non il dovere ha spenta.
 RODERICO
690Comanda amor che al pentimento umile
 il perdono risponda.
 SVANVITA
 Troppo è cara Ildegonda.
 OLAO
 L’amò per bizzaria.
 SVANVITA
                                      Siegua l’impegno.
 RODERICO
 Mancò l’ardor.
 SVANVITA
                              Ma dura in me lo sdegno.
 RODERICO
695Più infedel non son io.
 SVANVITA
 Il fosti. Un sol momento
 di questo errore è colpa grave; e grave
 ne fia la pena.
 OLAO
                             E tale appunto è quella
 de le minacce tue. Basti, o Svanvita.
 SVANVITA
700Non minaccia chi regna
 senza colpir chi lo disprezza. È vano
 cercar amori ed impetrar perdono.
 Sposa non più ma tua nemica io sono.
 ASMONDO
 (Già la mia fé vede Regnero in trono).
 OLAO
705Punisci a tuo talento
 le nostre colpe e per punirle vieni.
 SVANVITA
 Ch’io venga? Invan lo chiedi.
 OLAO
                                                       A me risparmia
 l’usar teco la forza
 per comprarmi l’onor di là servirti.
 SVANVITA
710(Stelle! Che far degg’io?)
 OLAO
 Meco vieni a la reggia.
 SVANVITA
                                            Ov’ho nemici?
 OLAO
 Eh vieni. Vieni a far due re felici.
 Al talamo ed al trono,
 vieni sposa felice e gran regnante!
 SVANVITA
715Qual talamo? Qual trono? E chi mi chiama?
 RODERICO
 La Gozia ed il suo re.
 SVANVITA
                                         (Che mai risolvo?
 Lasciar Regnero? No. Maggior contrasto
 far non si può. Di Sigiberto alfine
 m’assicura il valor, de’ miei la fede
720ma più il mio cor ch’è forte).
 Andiam. Ancor t’annuncio e guerra e morte. (Ad Olao e Roderico)
 
    A me tu chiedi amor?
 Aspetta. La vendetta
 presto risponderà.
 
725   Dirà che un traditor
 accendermi non sa;
 e se in me sveglia ardor,
 di sdegno ardor sarà.
 
 SCENA V
 
 RODERICO, ASMONDO, poi REGNERO e SIGIBERTO con dani, goti e frisoni
 
 RODERICO
 Tanta bellezza e tanto sdegno?
 ASMONDO
                                                         Un’ira
730è valor quando è giusta.
 RODERICO
 Ma qual campion con Sigiberto?
 ASMONDO
                                                             (Cieli!
 Che dirò?) Quegli, o sire,
 è ’l sommo duce, al cui gran braccio illustre
 fidò la Dania il regal pegno e l’armi.
 RODERICO
735Mel disse il cor, pria che ’l tuo labbro. In lui
 conobbi il mio rival.
 SIGIBERTO
                                        Cauto t’infingi.
 RODERICO
 In fresca età merto sì grande? Attendi.
 So che col tuo consiglio
 regge Svanvita il suo voler.
 REGNERO
                                                   (Che sento!)
 ASMONDO
740Al mio re noto sei.
 REGNERO
                                    (lo son tradito).
 ASMONDO
 Ei sa che sovra i Dani
 tieni ’l posto primiero e che Svanvita
 guidasti a noi.
 REGNERO
                             (Respiro).
 RODERICO
 Qui la guidasti a le mie nozze?
 REGNERO
                                                          È vero.
 RODERICO
745Or sdegnata è la bella. Non più sposa
 ma nemica si giura. Amico, io bramo...
 REGNERO
 Taci, taci un tal nome. Roderico,
 se Svanvita oltraggiò, m’abbia nemico.
 Svanvita è offesa; e seco
750la Dania è provocata.
 Dal grado mio riceve
 gran parte de l’affronto e de lo sdegno.
 Se la vergine eccelsa
 meco si regge, a una mortal vendetta
755stimolarla degg’io, pria ch’al perdono.
 E se la vuole, il primo a farla io sono.
 RODERICO
 Temerario valor.
 SIGIBERTO
                                  Giusto ardimento.
 RODERICO
 Duce, la tua Ildegonda
 non è più la mia fiamma. Essa riaccenda;
760e l’esser dono mio più t’innamori.
 SIGIBERTO
 Tardo è ’l pensier.
 RODERICO
                                    Tu pur minacci?
 SIGIBERTO
                                                                    A l’armi
 vuo’ sol doverla; e perch’io l’ami, è d’uopo
 ch’ella sia mia conquista e non tuo dono.
 RODERICO
 Tanto ti offendi? Or via, la Frisia armata
765tutta la Gozia innondi;
 e tu, suo duce, i torti tuoi palesa.
 SIGIBERTO
 La vendetta dirà qual fu l’offesa.
 RODERICO
 
    Mi apre in seno, col dardo d’un guardo,
 dolce amor così vaga una piaga
770che d’ogn’altra si scorda il mio cor.
 
    E mi accende faccella sì bella
 che di quella, che fu il mio contento,
 più non sento né bramo l’ardor.
 
 SCENA VI
 
 ASMONDO, REGNERO e SIGIBERTO
 
 ASMONDO
 Sigiberto, mio sire, è questo il tempo
775che a Svanvita si giovi.
 REGNERO
                                            Ov’è la bella?
 ASMONDO
 Con Olao ne la reggia.
 Arti, prIeghi, lusinghe
 oppose a’ sdegni suoi. Anche la forza
 minacciò. Che potea con pochi armati
780la donzella real?
 SIGIBERTO
                                Signor, che pensi?
 REGNERO
 Seco m’abbia Svanvita
 e compagno e difesa.
 SIGIBERTO
                                         È tua sciagura
 questa virtù.
 ASMONDO
                           Deh qui trattienti.
 REGNERO
                                                               Invano
 si oppone il vostro amor. Non conosciuto,
785qual rischio temerò?
 SIGIBERTO
                                         Da Roderico
 tutto temer si dee.
 ASMONDO
                                     Saggio è ’l consiglio.
 REGNERO
 Il non seguirla è ’l mio maggior periglio.
 Chi è fedel a Svanvita (Verso i danesi)
 là meco venga. De la bella a l’uopo
790ceda la vita mia, ceda il mio impero.
 Essa pria si difenda e poi Regnero.
 
 SCENA VII
 
 ASMONDO e SIGIBERTO
 
 ASMONDO
 Duce, parte Regnero; e ’l cor di Asmondo
 segue il suo piè.
 SIGIBERTO
                                Vanne; e compisci, o fido,
 il pietoso tuo inganno. Olao ti crede
795a sé fedel. Serbi al desio de’ Goti
 l’util menzogna il vero erede. Vanne.
 ASMONDO
 Il ciel vuol che si adopri,
 perch’ei dia leggi al regno,
 la fortezza da te, da me l’ingegno.
 
800   Merta lode l’inganno e la frode
 che ha per guida la pietà.
 
    E talora col premio si onora
 una bella infedeltà.
 
 SCENA VIII
 
 SIGIBERTO
 
 SIGIBERTO
 Cieli, a voi del mio sen, de la mia spada
805nota è la fé. La giusta causa io reggo,
 se Regnero proteggo;
 e s’io bramo Ildegonda, in essa il core
 cerca la sua beltà, men che ’l mio onore.
 
    Vola questo mio cor,
810guidato dal valor,
 a mieter palme.
 
    E se un dolce desir
 talor volge un sospir,
 l’amor serve a l’onor
815ne le grand’alme.
 
 SCENA IX
 
 Loggie illuminate di notte.
 
 ILDEGONDA
 
 ILDEGONDA
 
   Mal t’intendi, alma mia,
 se brami il bel del trono
 o il ben del core.
 
    O l’uno o l’altro obblia
820o sarai senza regno
 e senza amore.
 
 SCENA X
 
 OLAO, RODERICO e la sudetta
 
 OLAO
 Principessa, chi regna
 scioglier non dee quell’alme
 che unir le stelle in simpatia d’affetti.
825Sia tuo chi tuo sol ami.
 Olao vi applaude e Roderico il chiede.
 Si sacrifica tutto
 al tuo piacer quel generoso core.
 ILDEGONDA
 (Deggio regnar. Soffrilo in pace, amore).
 RODERICO
830(Che mai dirà?)
 ILDEGONDA
                                 Più illustre
 mi si rende lo sposo, or ch’è tuo dono.
 OLAO
 A sollecite brame
 l’indugio è pena.
 ILDEGONDA
                                  Al regal cenno umile
 serva Ildegonda.
 OLAO
                                 In si modesti sensi
835l’alta virtù del genio eccelso ammiro.
 RODERICO
 (Il perdermi non costa
 né meno a l’inconstante un sol sospiro).
 OLAO
 Al vicin campo ormai col novo giorno
 volgi spedita il passo. Ivi di scorta
840ti saranno i miei fidi.
 ILDEGONDA
                                          A che?
 OLAO
                                                         Fra l’armi
 l’imeneo si festeggi. Il suon guerriero
 dia novi applausi a la beltade, al merto.
 ILDEGONDA
 E là sia sposa alfine...
 OLAO
 Sì, sposa sia Ildegonda a Sigiberto.
 
845   Tra le palme e tra gl’allori
 si coroni il vostro amor.
 
    E Imeneo con lieta faccia
 a voi spiri e gioia e pace,
 fin di Marte in fra gli orror.
 
 SCENA XI
 
 RODERICO, ILDEGONDA
 
 ILDEGONDA
850(Speranze ambiziose, ormai tacete).
 RODERICO
 (Sia pena a quell’ingrata
 l’alta serenità del regal ciglio.
 Come palpita lieta
 l’alma in quel seno?) Andrai contenta e sposa
855di Sigiberto al campo.
 ILDEGONDA
 Vi andrò; teco fra queste
 superbe soglie rimarrà Svanvita...
 RODERICO
 Beltà nata fra gli ostri è più gradita.
 ILDEGONDA
 Siasi. Maggior d’ogni grandezza è ’l core
860del mio illustre consorte.
 RODERICO
 Gli manca...
 ILDEGONDA
                         E che?
 RODERICO
                                        Regal diadema.
 ILDEGONDA
                                                                       È sorte.
 RODERICO
 Sorte da te bramata.
 ILDEGONDA
 Tu anche amasti Ildegonda.
 RODERICO
 Spensi fiamma con fiamma.
 ILDEGONDA
                                                      Io rintuzzai
865con amor di virtù voti di orgoglio.
 RODERICO
 Tuo non sarà più de la Svezia il soglio.
 ILDEGONDA
 Nol bramo.
 RODERICO
                        Nol desio.
 ILDEGONDA
 Sigiberto...
 RODERICO
                        Svanvita...
 A DUE
                                              È l’amor mio.
 
 RODERICO
 Non sospirar.
 ILDEGONDA
                            Non lagrimar.
 A DUE
                                                        Addio.
 RODERICO
 
870Vaghe labbra non siate sì liete;
 già so che perdete
 con pena un impero
 che fu vostro amor.
 
    Ho pietà di quel riso mendace;
875dolor che si tace
 diventa più fiero
 d’ogn’altro dolor.
 
 SCENA XII
 
 ILDEGONDA
 
 ILDEGONDA
 Perdona, Sigiberto,
 s’altri amai che te stesso;
880che dissi, amai? Quel vano affetto, ond’arsi,
 fu fantasma a l’idea, non macchia al core,
 e spense la ragion ma non l’amore.
 
    Se vola ad altro ciel la rondinella,
 sospira poi fedel l’antico nido;
 
885   e gemendo così la tortorella,
 dove pria lo lasciò, cerca il suo fido.
 
    Tal l’amante mio cor,
 se già t’abbandonò, pentito riede
 per emendar l’error con maggior fede.
 
 SCENA XIII
 
 SVANVITA e REGNERO
 
 REGNERO
890A che temer?
 SVANVITA
                            Questa è la reggia, oh dio!
 dove han comando i tuoi nemici.
 REGNERO
                                                              E questa,
 dacché la premi, è ’l mio più caro albergo.
 SVANVITA
 Qui tutto può di Roderico un cenno.
 REGNERO
 Roderico è tuo amante.
 SVANVITA
895Siane, che pro? Le mie ripulse e gl’odi
 faranno disperar la sua possanza;
 e solo il tuo periglio
 qui potria spaventar la mia costanza.
 REGNERO
 Qual periglio per me? Qui a tutti ignoto
900e ne l’idea de’ miei nemici estinto,
 chi può tradirmi?
 SVANVITA
                                    Il può sugl’occhi istessi
 del tuo rivale un mal guardingo amore,
 il tuo regio sembiante, il tuo gran core.
 REGNERO
 Ei giunge a noi.
 SVANVITA
                                Come a te noto?
 REGNERO
                                                                Il vidi
905colà nel campo ed ei mi crede il duce
 de’ dani tuoi.
 SVANVITA
                            Seconderò la frode.
 REGNERO
 Ei fia deluso e l’amor mio ne gode.
 
 SCENA XIV
 
 RODERICO, SVANVITA e REGNERO
 
 RODERICO
 Duce, vedrò giammai
 languir lo sdegno in que’ begl’occhi? Ed opra
910fia de’ consigli tuoi quel dolce nodo
 che di più regni e di più cori è ’l voto?
 REGNERO
 Non mai...
 SVANVITA
                       Qui di Svanvita
 l’affar si tratta; ella risponda e sola
 l’interprete ella sia de’ suoi voleri.
915Roderico, gl’affetti
 non insinua il consiglio. Il cor li detta.
 Mal sa piacer chi tenta
 piacer con l’altrui labbro; e ne l’amore
 vincer l’alma conviene e non sedurla.
920S’altri ti è necessario a far ch’io ti ami,
 o fiacco il merto in te conosci o credi
 in me facile il genio; e fai che sia
 l’amore o debolezza o bizzaria.
 RODERICO
 Per gradir al tuo cor ne addita i mezzi.
 SVANVITA
925Non cerco i mezzi, ove non amo il fine.
 RODERICO
 Tra noi, regina, è stabilito il nodo.
 REGNERO
 Politica l’unì, ragion lo scioglie.
 SVANVITA
 Né d’infido amator mai sarò moglie.
 RODERICO
 Svanvita, un re non soffre
930che di fé se gli manchi.
 SVANVITA
                                             Ei pria la serbi.
 RODERICO
 La mia stessa incostanza
 prova è di tua beltade e di mia fede.
 REGNERO
 A chi già fu infedel non ben si crede.
 RODERICO
 Ove parlano i re, taccia chi è servo.
 REGNERO
935Servo solo a Svanvita; e a te non lice
 quel zelo condannar ch’ella discolpa.
 RODERICO
 Quand’è indiscreto, anche un gran zelo è colpa. (A Regnero)
 Regina, io so che alfine
 giusta sarai.
 SVANVITA
                          Giusta ancor sono.
 RODERICO
                                                              E tanto
940disprezzo a chi t’adora.
 SVANVITA
 Ragion rende il tuo esempio al mio disprezzo.
 RODERICO
 Dunque la renda anche al tuo amor.
 SVANVITA
                                                                   Del torto
 pria si scorda chi ’l fa che chi ’l riceve.
 REGNERO
 E un’offesa real non è mai lieve.
 RODERICO
945A un audace vassallo
 silenzio imponi. Il mio soffrir già è stanco.
 SVANVITA
 Col labbro del suo duce
 ti risponde Svanvita.
 RODERICO
                                         E Olao ti parla
 con quel di Roderico; ei, re sovrano,
950vuole i nostri sponsali e può, se vuole.
 SVANVITA
 Men fasto, o Roderico,
 dal suo voler nulla dipende il mio.
 E s’egli è re, sono regina anch’io.
 RODERICO
 A’ dani tuoi anche i miei goti aggiungo.
 SVANVITA
955M’offri un soglio non tuo. Quando Regnero
 meco il divida o a te lo ceda, alora
 godrò d’esser regina
 e de la Dania e de la Gozia ancora.
 RODERICO
 Giace estinto Regnero e in te vaneggia...
 SVANVITA
 
960   Io vaneggio e tu deliri,
 vano amante e cieco re.
 
    La corona a cui ti aggiri
 falsi lumi ha sol per te.
 
    Spargi al vento i tuoi sospiri,
965se sospiri ancor per me.
 
 SCENA XV
 
 RODERICO e REGNERO
 
 RODERICO
 Al suo sesso, al suo grado, a l’amor mio
 dono i primi trasporti;
 ma si rammenti alfine
 ch’ella è fuor de la Dania e ch’io qui regno.
 REGNERO
970Per minaccie giammai gran cor non cede.
 RODERICO
 Gran cor spesso si ammira e si compiange.
 REGNERO
 Mai non manca a virtù scampo e difesa.
 RODERICO
 Ne la gotica reggia
 chi difenderla può da un mio comando?
 REGNERO
975La ragion de le genti e questo brando.
 RODERICO
 Temerario, è cotesto
 il dovuto rispetto a Roderico?
 REGNERO
 A chi ’l perde a Svanvita, io più nol deggio
 RODERICO
 Tu mal conosci...
 REGNERO
                                 Il mio vantaggio è questo,
980che ignoto ancora a chi mi è noto io parlo.
 RODERICO
 Parlo al danico duce e trovo in esso...
 REGNERO
 Un ch’è re più di te...
 RODERICO
                                         Re?
 REGNERO
                                                   Di sé stesso.
 
    È più abbietta servitù
 il regnar senza virtù
985che al dispetto d’empio fato
 il servir senza viltà.
 
    Prima a sé, chi gli altri regge
 dia la legge. Il vero impero
 non fan gli ostri; il cor lo fa.
 
 SCENA XVI
 
 RODERICO
 
 RODERICO
990Non m’inganno. In costui
 veggio un rivale e forse
 un rival fortunato. Ei sol mi toglie
 gli affetti di Svanvita;
 e amor lui fa superbo e lei crudele.
995Meglio si osservi e al regal zio si esponga
 la gelosa ragion de’ miei sospetti.
 Sarà, vel giuro, affetti,
 vinto di vago sen l’odio ritroso
 e doma in fier rival la brama audace,
1000la vendetta e l’amor, la vostra pace.
 
    Soffrir con gelosia
 disprezzo e crudeltà
 non può quest’alma.
 
    La pena di un rival,
1005l’amor di una beltà
 la torni in calma.
 
 SCENA XVII
 
 Quartieri di soldati con piazza nel mezzo.
 
 SIGIBERTO con goti
 
 SIGIBERTO
 O del gotico regno
 ornamento e difesa, anime invitte
 ch’oltre il Baltico mar meco portaste
1010lo spavento e ’l trionfo, a voi già s’apre
 nuovo campo di gloria.
 L’opra è degna di voi. Tal sia l’evento
 che attonita lo veda
 l’età presente e l’avvenir nol creda.
1015Regnero è ’l vostro re, nome che basta
 valore e fede a risvegliarvi in petto.
 Altri n’ha la corona.
 Giusto dover già vi richiama a l’armi.
 Che più? Ne avrà la vita,
1020se ancor si tarda. Andiam; per noi si serbi;
 regni per noi. Facile impresa e giusta,
 la sospirano i Goti,
 la proteggono i Dani, il ciel vi applaude.
 Ma già l’ardir, che ne’ vostr’occhi io leggo,
1025più de la fé che de l’invito è figlio;
 andiam; ve ne assicuro
 grand’opra, eterna fama e niun periglio.
 
 SCENA XVIII
 
 ILDEGONDA, con seguito de’ norvegi, e SIGIBERTO
 
 ILDEGONDA
 Prence, per brieve indugio al pronto Marte
 tenero amor succeda.
 SIGIBERTO
1030Che mi reca Ildegonda?
 ILDEGONDA
                                              I primi frutti
 de le conquiste tue, le prime prede,
 d’Ildegonda gli affetti, il cor, la fede.
 SIGIBERTO
 Rifiuti d’un rival?
 ILDEGONDA
                                    T’intendo. Ah! Basti
 d’una colpa innocente a me il rimorso.
 SIGIBERTO
1035Innocente e infedel.
 ILDEGONDA
                                       Mi fe’ infedele
 un diadema, uno scettro;
 ma serbommi innocente
 l’amor per Sigiberto.
 Que’ son fuori di me; questo in me vedi.
 SIGIBERTO
1040Chi ’l richiamò? L’amante ingrato? Parla.
 Vuol perdonar chi le discolpe invita.
 ILDEGONDA
 Mai non cercò l’uscita
 da questo petto amor; solo si ascose;
 e quante da le labbra
1045a forza discacciollo idea di regno,
 tante volte l’intesi
 pianger dentro al mio cor, vicino a quella
 ch’ei vi stampò tua cara imago e bella.
 SIGIBERTO
 Ed or che fa?
 ILDEGONDA
                           E del non certo errore,
1050in queste luci, in questi,
 in questi, non già miei ma suoi sospiri,
 se pentito lo vuoi, pentito il miri.
 SIGIBERTO
 Così per Roderico
 sovente ei sospirò. Dillo, Ildegonda.
 ILDEGONDA
1055Sospirò per il re, non per l’amante.
 SIGIBERTO
 Egli ancor preme il soglio.
 ILDEGONDA
 Più non porge il mio cor voti a l’orgoglio.
 SIGIBERTO
 Orsù, bella, io perdono
 al regio sangue, al sesso
1060le ambiziose idee;
 e quale a me ritorni, a te mi rendo.
 ILDEGONDA
 Perché troppo è ’l piacer, non ben l’intendo.
 SIGIBERTO
 Ma come qui?
 ILDEGONDA
                             D’Olao, di Roderico
 reco in me stessa a Sigiberto un dono
1065che gli disarmi il braccio.
 SIGIBERTO
 Si sdegna l’onor mio
 che per lor cenno io ti possegga. Vanne;
 ma vanne mia. Tale ti serba e tale
 ti trovi ’l mio valore. A me giungesti
1070pegno di pace; riedi
 nuncia di giusta guerra a chi m’offese.
 ILDEGONDA
 Al re de’ Goti?
 SIGIBERTO
                              Ei scese
 dal trono alor che a quello
 mosse Regnero il prime passo. Vive
1075l’augusto germe. O fia
 tua vendetta, Ildegonda, o fia tua gloria,
 donna, sì, ma fatale,
 porta il primo spavento a’ suoi nemici;
 annuncia il primo colpo al suo rivale.
 ILDEGONDA
1080In vendetta e in amor m’avrai leale.
 
    Vo’ nel tuo core
 viver regnando
 e ’l mio comando
 sarà ch’ei m’ami.
 
1085   Che tutt’ardore
 per me si veda;
 e sua mi creda
 e mio si chiami.
 
 SCENA XIX
 
 SIGIBERTO
 
 SIGIBERTO
 Muovasi ’l campo e vinca.
1090Giusto valor del suo trionfo è certo.
 Con voi vien la ragion, vien Sigiberto.
 
    I primi affetti
 del cor guerriero
 io volgo a l’armi
1095ed al furor.
 
    Ma l’alma mia
 non è sì altera
 che poi non dia
 dolce un pensiero
1100anche a l’amor.
 
 Segue il ballo della mascherata e termina l’atto secondo.